Le Prove: Principi Generali

Il tema dell'onere della prova è fondamentale nel diritto processuale civile, poiché determina come e quando le parti devono dimostrare i fatti che sostengono le loro pretese. La regola di giudizio relativa al difetto di prova stabilisce una chiara distribuzione dell'onere probatorio tra attore e convenuto. Il giudice, quando riscontra un difetto di prova su un certo fatto, deve identificare quale delle parti era responsabile di provare quel fatto, portando alla soccombenza della parte che non ha adempiuto al proprio onere probatorio.

La norma si basa su un criterio di ripartizione processuale, riferendosi ai fatti giuridici allegati dalle parti. Ad esempio, se l'attore presenta il fatto A come base della sua domanda, sarà suo compito provare A. Analogamente, se il convenuto solleva un'eccezione di pagamento, dovrà provare il pagamento stesso. Pertanto, le specifiche allegazioni delle parti determinano l'oggetto dei loro oneri probatori.

È importante considerare la disciplina sostanziale della fattispecie giuridica per stabilire quali fatti siano giuridicamente rilevanti. L'individuazione dei fatti costitutivi che l'attore deve allegare a sostegno della sua domanda non è sempre semplice, poiché questi fatti sono indicati dalla disciplina sostanziale come premesse necessarie per gli effetti giuridici invocati.

Ripartizione dell'Onere Probatorio in Materia Contrattuale

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno affrontato la questione della ripartizione dell'onere probatorio in materia contrattuale, stabilendo che il creditore che agisce per l'adempimento ha una posizione equiparabile a quella di chi agisce per la risoluzione del contratto. In entrambi i casi, il creditore deve provare il titolo e l'eventuale scadenza del termine contrattuale, allegando l'inadempimento della controparte, che ha l'onere di provare il fatto estintivo dell'adempimento.

Per il debitore convenuto che eccepisce l'inadempimento dell'altra parte, l'onere si limita all'allegazione dell'inadempimento, mentre il creditore deve dimostrare il proprio adempimento. In caso di azione per l'esatto adempimento, il creditore deve solo provare il titolo negoziale e allegare l'inesattezza dell'adempimento della controparte, sulla quale grava l'onere di provare l'avvenuto esatto adempimento. Se il contratto prevede prestazioni negative, spetta sempre al creditore la prova dell'inadempimento.

Questo principio è applicato anche in materia di responsabilità professionale, come nel caso di un paziente che deduce l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria. In tali situazioni, il paziente deve provare l'esistenza del contratto e l'aggravamento della sua condizione a causa dell'intervento, mentre il convenuto deve dimostrare che la prestazione è stata eseguita con diligenza.

I Patti di Prova

L'articolo 2698 del codice civile stabilisce che sono nulli i patti che modificano l'onere della prova in relazione a diritti di cui le parti non possono disporre, o che rendono eccessivamente difficile l'esercizio del diritto per una delle parti. Tuttavia, le parti possono modificare la distribuzione degli oneri probatori attraverso un accordo, a condizione che la materia sia di loro disponibilità e che la modifica non comporti una difficoltà eccessiva nella tutela dei diritti.

Il giudice ha la discrezionalità di valutare se la situazione risultante dall'inversione o modifica degli oneri probatori comporti una difficoltà eccessiva, considerando aspetti come i costi e la difficoltà di procurarsi la prova. L'articolo 2965 del codice civile dichiara nulli i patti che stabiliscono termini di decadenza eccessivamente difficili per l'esercizio del diritto.

La restrittività di questa disposizione riflette la preoccupazione del legislatore di limitare la disponibilità del diritto, in relazione alla tutela giurisdizionale. Non è sufficiente una semplice offerta di prova da parte di chi non è tenuto a farlo; è necessaria una dichiarazione chiara e inequivocabile.

Principi Generali delle Prove nel Diritto Civile

Secondo l'articolo 2698 del codice civile, la Cassazione ha applicato il principio di riferibilità della prova. Questo principio implica che, a seconda della possibilità concreta per ciascun soggetto di provare fatti e circostanze, la prova dell'adempimento spetta al debitore convenuto. La dottrina ha sottolineato che poiché l'inadempimento si verifica principalmente nella sfera del debitore, è quest'ultimo a possedere maggiormente gli elementi necessari per determinare se l'inadempimento sia a lui imputabile.

Il divieto del non liquet implica che l'incertezza probatoria venga risolta in modo negativo, equiparando l'incertezza alla mancanza di prova del fatto. L'applicazione del principio di vicinanza della prova modifica lo schema tradizionale, spostando l'onere della prova dalla parte che parla (l'attore) a quella nella cui sfera d'azione si è verificato il comportamento che ha causato il danno.

Questo principio ha un impatto significativo nei rapporti professionali e nelle obbligazioni che richiedono prestazioni altamente tecniche. In tali casi, una parte si affida all'altra senza possedere le competenze necessarie per dimostrare eventuali inadempimenti. Il principio di prossimità della prova è accentuato quando l'esecuzione della prestazione implica l'applicazione di regole tecniche sconosciute al creditore.

Ad esempio, nel caso di responsabilità medico-sanitaria, il paziente deve dimostrare la fonte dell'obbligazione, il danno subito e l'inadempimento qualificato del sanitario, che deve dimostrare che la sua condotta è stata conforme alle leggi dell'arte e alla diligenza professionale richiesta.

Il principio di vicinanza della prova si applica anche nel rapporto di lavoro, dove la ripartizione dell'onere della prova deve considerare la disponibilità dei mezzi di prova. Se i fatti sono noti solo all'imprenditore, l'onere della prova negativa ricade sul datore di lavoro.

Questo principio è applicabile in tutti i casi in cui si desidera garantire una posizione processuale privilegiata a favore della parte più debole nel rapporto sostanziale. Tuttavia, non esiste una norma scritta che conferisca al giudice un potere discrezionale in merito all'attribuzione dell'onere della prova. Se il giudice attribuisce l'onere della prova in base a criteri di opportunità, viola l'articolo 2697 del codice civile.

In tali circostanze, il giudice dovrebbe attuare il principio del contraddittorio, evitando problemi di contraddittorio e garantendo l'integrità del processo, mantenendo intatta la funzione dell'articolo 2697, che fornisce una regola di giudizio per i fatti giuridicamente rilevanti privi di prova.

Le Prove nel Processo Civile

Le prove rappresentano strumenti fondamentali nel processo civile, utilizzati dal giudice per formare il proprio convincimento riguardo alla verità dei fatti affermati dalle parti. L'aspetto interpretativo della norma, in cui il giudice agisce come giurista, non è influenzato dalle prove. Il giudice gode di libertà totale nel giudizio di diritto, ma è vincolato da due aspetti fondamentali riguardanti i fatti: può considerare solo i fatti presentati dalle parti e può basarsi solo sulle prove fornite dalle parti, salvo eccezioni previste dalla legge.

La disciplina delle prove è contenuta sia nel codice civile che nel codice di procedura civile. Le modalità di introduzione dei mezzi di prova nel processo sono regolate dal codice di procedura civile, mentre l'ammissibilità e l'efficacia delle prove sono disciplinate nel libro sesto del codice civile.

Il principio dell'onere della prova stabilisce una ripartizione degli oneri probatori tra le parti. Questo principio si distingue dall'onere dell'allegazione, che riguarda l'affermazione dei fatti rilevanti. Con la codificazione del 1942, la questione dell'onere della prova è stata regolata dall'articolo 2697 del codice civile, il quale stabilisce che chi desidera far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che lo sostengono.

La presenza di una norma generale sulla distribuzione dell'onere della prova deriva dall'influenza della dottrina tedesca della Normentheorie, secondo cui il carico di dimostrare gli eventi che concretizzano una fattispecie di legge grava sulla parte che può trarne vantaggio. In particolare, la parte attrice deve dimostrare l'esistenza di tutti i presupposti previsti dalla norma di cui richiede l'applicazione.

L'art. 2697 c.c. è concepito in modo tale da imporre al giudice una via d'uscita obbligata: se per la decisione possono essere considerati solo i fatti adeguatamente provati, i fatti non supportati da prova risultano inesistenti, richiedendo il rigetto della domanda o dell'eccezione che su di essi si fondano.

L'istituto dell'onere della prova vieta al giudice di cercare prove non fornite dalle parti e serve a distribuire tra queste, in caso di incertezza sui fatti, il rischio della prova mancata. Pertanto, è evidente la necessità di una regola che stabilisca come il giudice deve procedere quando mancano prove, basandosi su principi di logica e buon senso.

Per applicare questa regola, è necessario stabilire preventivamente quale parte avrebbe dovuto provare le circostanze oggetto del giudizio. La regola di giudizio in caso di difetto di prova si traduce nella regola che disciplina la distribuzione dell'onere della prova tra le parti, fornendo al giudice il criterio per determinare quale parte era onerata della prova in caso di insufficienza probatoria.

PRIVATO 10

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